Due stuzzichini e un bicchiere di vino in compagnia di un amico, che da piccolo aveva un sogno e l’ha realizzato: fermare il tempo.
Credo che le passioni, quando sono veramente tali non muoiono mai. L’interesse per le competizioni e le manifestazioni motoristiche è un leit-motiv che ha accompagnato la mia vita fin da giovanissimo, e quando posso non perdo occasione per recarmi in qualche circuito. In occasione dell’ultimo Trofeo Scarfiotti, con l’amico Alberto, sono andato a Sarnano per respirare una miscela inebriante: aria pure di montagna, arricchita dai vapori di scarico delle auto da corsa. Girando per il baddock, abbiamo incontrato tanti vecchi amici, con i quali ci siamo salutati e scambiato due chiacchiere. Tra loro un ragazzo, che di vecchio ha ben poco, se non per il fatto che da circa 12 anni gareggia nei campionati di auto storiche: Andrea Stortoni.
“Solitamente questo tipo di competizioni sono ad appannaggio di facoltosi appassionati, di una certa età, che si cimentano con prestigiose auto d’epoca per colmare quel vuoto lasciato da amori giovanili mai realizzati, o da ex piloti di tante categorie che vengono assoldati per mantenere alto il blasone delle case costruttrici. Tu hai 30 anni e corri da sempre con questo tipo di vetture; come mai?”
“La mia è una storia strana, anomala sotto tanti aspetti. Pur essendo figlio d’arte, contrariamente a quello che si può pensare, questa passione è nata in maniera del tutto spontanea. Papà correva da tempo ma in casa non c’era elemento che potesse farmi presupporre questa sua passione; non una foto, non una tuta, non un casco, non una coppa, in casa non si era mai parlato di auto da corsa in mia presenza, e ti dirò di più: quando avevo cinque anni, ricordo che in piazza venne una specie di circo e, tra i tanti numeri, ci fu lo spettacolo di un motociclista che si esibiva percorrendo una fune d’acciaio tesa tra due palazzi. Quel rombo di motore mi spaventò a tal punto che scoppiai in un pianto disperato, tanto che dovettero riportarmi a casa. La molla invece scattò circa due anni dopo.”
“Due anni dopo, quando avevi circa 7 anni quindi.”
“All’incirca, si. Trovai sulla scrivania di papà una copia di Ruote Classiche, la rivista che si interessa di auto storiche e d’epoca. Fui colpito dalla silhouette delle vetture raffigurate sulla copertina, le ricordo come se fosse ora: una Lamborghini 3500 GT blu, una Ferrari GTC argento e una Maserati Ghibli 4700 rossa. Fui attratto da quelle linee affusolate e filanti, così cominciai a sfogliare la rivista. All’interno trovai anche articoli che parlavano di moto, e vuoi sapere una cosa? Ricordo anche quelle: una BSA Goldstar, una AJS Porcupen e una Norton Manx. La vista di quelle opere d’arte, perché sono dei capolavori della meccanica, innescò in me tutta una serie di fantasie, e in quei momenti espressi un desiderio: volevo correre con quelle macchine, e volevo possedere quelle moto.”
“So bene di cosa parli Andrea. Gli amori non si spiegano, ma una cosa è certa: esplodono all’improvviso e anche se non sono ricambiati, rimangono dentro di noi a vita. Come sono stati i primi approcci?”
“Le prime esperienze di guida le ho provate con papà. Dopo il catechismo andavamo a fare dei giretti sul piazzale del foro Boario, e lì, piano piano, appresi i fondamentali: frenare con il sinistro, il punta tacco con un auto con il cambio non sincronizzato, il controllo in derapata. Quando avevo 13 anni acquistammo un go-kart rigorosamente 100 cc, con il quale disputai qualche gara, ma quel tipo di competizione non mi attirava particolarmente. Il mio sogno era un altro. A 15 anni frequentai un corso di guida sportiva a Valle Lunga e anche in quell’occasione confermai quello che per me era diventato un destino. Tra i tanti top drivers istruttori di quel corso, c’era anche Enrico Bertaggia, che avevo corso anche in Formula 1, e l’ultimo giorno oltre che a complimentarsi per il mio stile di guida, mi chiese quali erano i miei programmi. Senza il minimo dubbio risposi che il mio futuro sarebbe stato nelle competizioni di auto storiche.”
Andrea corre da quando è maggiorenne nel campionato italiano ed europeo in questa categoria di vetture e ha collezionato tanti successi e piazzamenti di prestigio su tutte le piste del circuito internazionale.
“Possiedi diverse macchine con le quali gareggi: qual è la tua preferita e quale pista ti scatena più adrenalina?”
“L’auto che preferisco è la Mini. Possiedo una 1071 e una 1300 Cooper, e provo sempre un feeling particolare nel guidarle. Nonostante che gareggi con le Formule e con la Cortina Lotus, la Mini per me rimane una vettura speciale. Per quanto riguarda i circuiti, mi piace molto quando andiamo in Inghilterra, l’ambiente, i piloti, l’atmosfera che avvolge i box di quell’isola è veramente straordinaria. La passione che nutrono gli inglesi per le competizione motoristiche sono indescrivibili. Bisogna viverle. Se però mi chiedi il circuito che accompagna i miei sogni notturni ti dirò che è Imola, quella pista è magica. Non saprei dare una spiegazione razionale a questa sensazione, ma correre sul Santerno non ha equivalenti.”
Anche in questo caso so di cosa parli Andrea. Su quel circuito ho girato da giovane, ed è lì che ho assistito al mio primo Gran Premio di Formula 1, ti voglio raccontare un episodio: un anno mi sono fatto accompagnare da un caro amico che però di competizioni se ne intendeva poco, o niente. Al ritorno, la sera, in macchina, ad un certo punto mi ha detto: la vita è fatta di emozioni, e oggi ho capito che assistere ad una competizione qui ad Imola fa parte della vita. Nice to meet you, gentleman driver…e un grosso abbraccio.
Massimo Pigliapoco “Mamo”
Tratto dal n’2 (2014) di MG Marcheguida