Un’apocalisse. Questo è successo giovedì 15 settembre 2022 nelle Marche in particolare nell’alto anconetano. Danni ce ne sono stati anche nel maceratese ma tra Cantiano, Barbara e Senigallia è avvenuta una tragedia immane.
Ad oggi 10 morti e 3 dispersi, danni per milioni e milioni di euro e la difficoltà di tornare a quel minimo di normalità per tante persone sorprese da una forza della naturale a dir poco devastante.
Non è il tempo e non è neppure questo il luogo per accertare responsabilità e/o omissioni. Qui si può riflettere su una regione colpita duramente da tanti eventi negli ultimi anni: si comincia con il 2014 e l’alluvione proprio a Senigallia, i terremoti di agosto e ottobre nel 2016 nella zona ovest-meridionale della regione ed oggi tutto questo senza ovviamente dimenticare la pandemia globale che ovviamente ha colpito anche noi.
La certezza è che le Marche si risolleveranno anche questa volta come sempre hanno fatto. Con altre ferite e cicatrici che non saranno facili da dimenticare, con criticità che non si risolveranno o forse saranno risolte solo in parte. Con chi piange uno o più familiari. Con chi magari cercherà di speculare sopra la tragedia come purtroppo è già accaduto. Con chi forse non tornerà più nelle proprie case.
Le Marche si risolleveranno indubbiamente ma bisogna vedere come. Se prevarrà il senso di comunità che forse stiamo sempre più dimenticando anche in una regione che nell’insieme ha meno abitanti di una grande metropoli. Con quale livello di responsabilità nei confronti di un clima che sta palesemente cambiando e degli adeguati cambiamenti da compiere da parte della politica e dell’economia anche nel locale.
Recentemente il noto Luca Mercalli è stato nelle Marche, più esattamente a Camporotondo di Fiastrone a parlare proprio di clima, di energia e di altri temi di strettissima attualità. Intervistato su quanto accaduto giovedì ha dichiarato: “Innanzitutto voglio precisare che questo è un nubifragio di proporzioni inaudite da un punto di vista metereologico. Poi è chiaro che esiste una debolezza intrinseca del territorio e che il dissesto idrogelogico in Italia non è una novità ma ci troviamo davanti a un evento talmente fuori dal comune, con 400 millimetri di acqua in nove ore che corrispondono a un terzo delle precipitazioni annuali, che avrebbe causato danni in qualsiasi parte del mondo. Detto questo, purtroppo è vero che la politica si ricorda del problema soltanto quand’è troppo tardi. Ormai ci siamo abituati ed è deprimente”.
“Gli acquazzoni ci sono sempre stati ma questo disastro ci mette davanti a due problematiche: la prima è quella relativa alla nostra storica impreparazione di fronte alla gestione del rischio idrogeologico; la seconda è che si sta assistendo a un’amplificazione di questi fenomeni, i quali aumentano di frequenza e intensità, a causa del cambiamento climatico. Quello che nessuno sta facendo notare è che con l’aumentare dell’intensità di tali fenomeni, tutte le infrastrutture che un tempo erano adatte, ora rischiano di diventate inadeguate. Basta pensare a un ponte che viene progettato per resistere a una determinata portata d’acqua. Ma se quest’ultima cambia, la struttura diventa immediatamente inadeguata e pericolosa”.
“Sono assolutamente terrorizzato dalla mancanza di consapevolezza da parte dei nostri politici per un tema che condiziona la vita della nazione. Tanto più se penso che li vedo quotidianamente parlare di temi insignificanti mentre questo, che è una priorità, viene ignorato. Ripeto, sono terrorizzato. Ma non sono l’unico a pensarla così. Soltanto tre giorni fa il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha detto che ‘non c’è nulla di naturale nella nuova portata di questi disastri. Sono il prezzo della dipendenza dell’umanità dai combustibili fossili’. E purtroppo ha ragione”.
“Che ci sia gente che non crede al cambiamento climatico causato dall’uomo, non mi interessa. Pensi che c’è perfino chi dice che la terra è piatta. A me interessa soltanto che la comunità scientifica e le Nazioni unite hanno accertato che la responsabilità del cambiamento climatico è tutta umana. Ma questo per certi versi è positivo perché se fosse dipeso da altro, ad esempio dall’attività solare, allora saremmo stati spacciati mentre dipendendo dall’attività umana significa che possiamo rimediare. Il problema è che nessuno sembra volerlo fare”.